Sent. N. 38/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale
per la Regione Lazio composta dai seguenti giudici:
dott. Mario RISTUCCIA Presidente
dott. Stefano PERRI Consigliere rel.
dott. Giuseppe DI
BENEDETTO Referendario
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
responsabilità iscritto al n 68779. del registro di segreteria, promosso ad
istanza del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la
Regione Lazio nei confronti di
CINGOLANI Rita nata a
Montecassiano il 16 luglio 1957 elettivamente domiciliato in Roma via Claterna
n. 3 presso la signora Silvia Martinelli, rappresentata e difesa dall’Avvocato
Antonella Millesimi, giusta delega a margine della memoria di costituzione;
Visto l’atto introduttivo
del giudizio, le memorie scritte e tutti gli altri documenti di causa;
Uditi alla pubblica
udienza del 22 ottobre 2009 il Consigliere relatore dott. Stefano Perri, il
Pubblico Ministero nella persona del sostituto Procuratore generale dott. ssa
Rosa Francaviglia e l’Avvocato Millesimi
per il convenuto;
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione in
data 30 settembre 2008, la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale
per la regione Lazio ha convenuto in giudizio la signora Cingolani Rita per
sentirla condannare al pagamento in favore dell’erario ed, in particolare, del
Ministero della Giustizia, della somma di €. 16.531,68 oltre rivalutazione
monetaria, interessi legali e spese di giudizio per la condotta gravemente
colposa, tenuta nella qualità di cancelliere della Pretura circondariale di
Rieti, consistente nell’aver omesso di notificare all’avente diritto il decreto
del G.I.P. dott. Stefano Venturini del 2 ottobre 1997 con il quale, in
accoglimento della richiesta del P.M., si disponeva l’archiviazione del
procedimento con il quale si era inizialmente disposto il sequestro di un
autoarticolato con rimorchio e, di conseguenza, si ordinava la restituzione
dello stesso.
Tale omissione avrebbe
determinato l’ingiustificata protrazione del sequestro oneroso dell’autoveicolo
presso il custode nominato il quale ha preteso la liquidazione del compenso che
la Procura ha assunto come posta dannosa da imputare al predetto cancelliere.
La procura contabile è
venuta a conoscenza dell’evento dannoso dalla trasmissione della relazione
ispettiva ministeriale del 9 novembre 2007 con la quale veniva prospettata
l’ipotesi dannosa.
In particolare, si faceva
riferimento al provvedimento suindicato con il quale il Gip di Rieti disponeva
il dissequestro dell’autoarticolato “ Scania 142 M targato DUG(//Y con annesso
semirimorchio targato ST108 ( immatricolato in Gran Bretagna), che il cancelliere
trasmetteva per l’esecuzione al Distaccamento della Polizia stradale di Civita
Castellana che originariamente aveva proceduto al sequestro.
Il Comandante del citato
distaccamento, non appena ricevuto l’ordine dell’A.G., comunicava alla medesima
che il mezzo sequestrato era risultato intestato ad una società con sede in
Gran Bretagna, la quale risultava aver cessato la sua attività. Inoltre
comunicava che il titolare di detta società, pur informato del recupero
dell’autoarticolato, non aveva provveduto al recupero del medesimo; che detto
articolato risultava in pessimo stato d’uso e non marciante ed, infine, che lo
stesso doveva comunque essere trasportato ad altra sede di deposito in
considerazione della cessazione delle attività del titolare del magazzino di
deposito.
In calce a detta missiva,
il Gip dott. Venturini si limitava ad autorizzare il trasporto
dell’autoarticolato presso la nuova sede di deposito.
Soltanto a distanza di
oltre sei anni, il cancelliere Cingolani, rilevato che la restituzione
dell’autoarticolato non era ancora avvenuta, provvedeva, su autorizzazione del
magistrato, a chiedere al distaccamento della Polstrada se ancora il veicolo
avesse un valore commerciale, ottenendo risposta negativa in considerazione di
quanto già in precedenza segnalato.
Veniva pertanto disposta
da parte del magistrato la rottamazione del veicolo, seguito dalla liquidazione
del compenso al custode che la Procura regionale ha assunto come posta dannosa
in quanto l’autoarticolato avrebbe dovuto essere rottamato fin dal 1997 da
quando cioè, si era ricevuto la missiva della Polizia stradale circa il pessimo
stato dell’autoarticolato e il totale disinteresse del titolare al recupero del
medesimo.
La Procura ha escluso
concorrenti responsabilità nella causazione del danno da parte del magistrato
che, non disponendo del fascicolo dell’esecuzione, non poteva accorgersi né
dell’omessa notifica del dissequestro, né tantomeno dell’immotivato perdurare
della custodia giudiziale.
E’ stato emesso il
prescritto invito a dedurre nei confronti della Cingolani la quale si è difesa
dagli addebiti contestati sul presupposto che i medesimi andavano attribuiti
alla condotta inerte del magistrato e che, comunque, nel servizio corpi di
reato si erano succedute altre persone che avrebbero dovute accorgersi del
protrarsi della custodia. Da ultimo eccepiva la prescrizione dell’illecito,
risalente la presunta condotta dannosa al 1998.
Nell’atto di citazione,
l’attore ha confermato gli addebiti contestati, respingendo l’eccezione di prescrizione,
in considerazione che l’evento dannoso deve coincidere con l’effettivo
depauperamento patrimoniale che si è verificato nel luglio 2004 con i pagamenti
disposti a favore del custode.
Nel merito, la Procura ha
affermato la responsabilità del cancelliere che avrebbe avuto l’onere di
notificare il provvedimento del Giudice, onere da considerare ancora non
assolto proprio dal tenore della missiva della Polstrada del 1997 che si
limitava a dare alcune informative sul veicolo, sullo stato del medesimo e sulla
necessità di spostarlo presso altro depositario, per cui il Giudice mai avrebbe
potuto disporre la rottamazione del veicolo in assenza della conoscenza legale
del provvedimento di dissequestro da parte dell’avente diritto.
A sostegno dell’azione
vengono richiamate le norme contenute nell’articolo 84 disp.att. c.p.c.., 150
comma 3 t.u. 115/2002 e nella circolare del Ministero della Giustizia.del 15
gennaio 1998 che impongono la preventiva notifica del dissequestro all’avente
causa, sia per disporre la vendita o la rottamazione del veicolo nel caso in
cui non si provveda al ritiro del bene, sia per evitare che le spese di
custodia gravino sull’erario in quanto, decorsi trenta giorni da quella
notifica del dissequestro, le spese di custodia sarebbero gravate sul titolare
rimasto inerte.
Viene pertanto
riaffermata la personale responsabilità della Cingolani che, per tutto il
periodo in esame, risulta essere stata preposta al servizio e soprattutto alla
cura dei provvedimenti del dott. Venturini.
Con memoria depositata in
data 2 ottobre 2009, si è costituita la convenuta che, dopo aver riassunto
brevemente i fatti, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della
citazione per mancata corrispondenza dei contenuti con l’invito a dedurre
rispetto al quale la prima presenta diversi elementi di assoluta novità; nel
merito ha precisato che, già nel 1997, il Giudice dott. Venturini avrebbe
potuto assumere i provvedimenti di rottamazione dell’autorimorchio, stante la
piena conoscenza da parte del medesimo sia dell’effettivo stato di
conservazione del veicolo sia del disinteresse al recupero da parte dell’avente
diritto e che le medesime circostanze furono rappresentate dalla convenuta al
magistrato che solo nel 2004 decise di provvedere alla rottamazione dell’autorimorchio.
Ha affermato, poi, di
essere stata responsabile dell’Ufficio Corpi di reato solo a decorrere dal 12
settembre 2003 e non dal 2 giugno 1999, come asserito da parte attrice e, a tal
fine, ha allegato gli ordini di servizio emanati nel periodo in considerazione.
Ha, in via residuale,
eccepito la prescrizione dell’azione, precisando che la medesima deve decorrere
da gennaio 1998, data dalla quale sarebbe iniziata l’indebita custodia.
Alla pubblica udienza il
pubblico Ministero ha confermato l’atto scritto, chiedendo la reiezione di
tutte le eccezioni preliminari sollevate dalla difesa.
In particolare, con
riferimento alla mancata corrispondenza tra atto di citazione ed invito a
dedurre, sono state richiamate le argomentazioni contenute nella sentenza delle
SS.RR. n. 7/QM/98 secondo le quali non ci deve essere piena corrispondenza tra
i contenuti dei due atti, potendo la citazione svolgere valutazioni diverse
anche in relazione alle controdeduzioni pervenute.
Ugualmente infondata deve
ritenersi l’eccezione di prescrizione sollevata con riferimento alla data di
inizio della presunta attività dannosa, in quanto il dies a quo deve, invece,
decorrere dalla data in cui sono stati effettuati i pagamenti al custode.
In relazione, infine,
all’eccepita sussistenza di responsabilità concorrenti nella produzione
dell’evento dannoso, il Pubblico Ministero ha escluso del tutto la
responsabilità del magistrato procedente, trattandosi di adempimenti di
esclusiva competenza del cancelliere, mentre, con riferimento al restante
personale di cancelleria, ha ribadito che la partecipazione del medesimo è
stata del tutto residuale e, comunque, non idonea a configurare un addebito a
titolo di colpa grave.
La difesa ha insistito
per l’accoglimento dell’eccezione di intervenuta mutatio libelli, in quanto
mentre nell’invito a dedurre la condotta contestata è la mancata immediata
rottamazione del mezzo in custodia, nell’atto di citazione l’attività dannosa
viene, invece, ricollegata alla mancata notifica del decreto di dissequestro del
bene.
Nel merito, ha precisato
di aver depositato la documentazione di servizio dalla quale risulta che la
Cingolani non è stata preposta alla direzione Servizi corpi di reato dal 1999,
come assunto dalla Procura, ma solo dal 11 settembre 2003, mentre ha osservato
che l’evento dannoso avrebbe potuto evitarsi se il magistrato dott. Venturini
avesse, fin dal 1997, autorizzato la rottamazione del mezzo e non soltanto il
suo trasferimento presso altro deposito di custodia. Infatti, già allora,
sussistevano tutti i presupposti per procedere alla rottamazione
dell’autorimorchio, atteso che il legittimo proprietario aveva manifestato la
volontà di non recuperare il medesimo, situazione che non si modificò nel 2004,
come attestato anche dalla nota della Polstrada e come ebbe ad accorgersi la
stessa convenuta nel momento in cui le fu affidata la direzione del servizio
corpi di reato.
Tale ufficio, diretto
negli anni precedenti al 2003 da altri soggetti non convenuti in giudizio e che
aveva la specifica competenza di monitorare la pendenza dei beni oggetto di
sequestro giudiziario, non evidenziò mai il protrarsi ingiustificato della
custodia, concorrendo così alla determinazione dell’evento dannoso.
Ha concluso per la piena
assoluzione dall’addebito contestato e, in via subordinata, per una congrua
riduzione dell’addebito.
DIRITTO
Il Collegio è chiamato a
pronunciarsi sulla responsabilità amministrativa del cancelliere Cingolani Rita
per aver omesso la notifica del provvedimento di dissequestro di un
autoarticolato con rimorchio all’avente diritto, determinando l’ingiustificata
protrazione del periodo di custodia giudiziale con erogazione dei relativi
compensi che avrebbero potuto essere evitati.
Innanzitutto
devono essere risolte le questioni preliminari sollevate dalla difesa della
convenuta ed, in particolare, quelle relative all’inammissibilità della
citazione per mancata corrispondenza dei contenuti con quelli esposti
nell’invito a dedurre.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (
SS.RR. n. 7/QM/1998), l’inammissibilità dell’atto di citazione per non
corrispondenza con i contenuti dell’invito a dedurre consegue soltanto laddove
le condotte contestate nell’invito a dedurre siano totalmente diverse da quelle
poi indicate nell’atto di citazione, cosa che nella specie non si verifica,
atteso che le linee essenziali della condotta dannosa sono state tratteggiate
nel provvedimento di prima contestazione in modo tale da offrire alla Cingolani
la possibilità di procedere alla sua difesa e al tempo stesso di offrire
all’attore ogni utile elemento ai fini della successiva decisione di
archiviazione o di rinvio a giudizio.
Si fa, comunque, presente che è fisiologico che
possa esistere una valutazione dei fatti difforme tra i due atti, anche per
tener conto delle argomentazioni contenute nelle controdeduzioni degli
interessati, purchè rimanga immutato il nucleo essenziale del petitum e della
causa petendi, il che appare icto oculi non contestabile.
Nell’invito a dedurre, infatti, l’attore ha
delineato il fatto dannoso con estremo dettaglio facendo riferimento sia al
protrarsi ingiustificato della custodia sia alla causa che lo avrebbe
determinato e, cioè, la mancata notifica dell’atto di dissequestro, e tutto ciò
è risultato espresso nell’atto di citazione.
Con riguardo, poi, all’eccepita prescrizione
quinquennale decorrente, secondo la difesa, dall’avvio dell’attività illecita
dannosa, la stessa è infondata, atteso che un fatto diventa dannoso per
l’erario e quindi perseguibile dalla Procura regionale solo dal momento in cui
si è verificato l’effettivo depauperamento del patrimonio pubblico con il
materiale esborso del denaro. Quindi, anche se la condotta illecita ha avuto
origine fin dal 1997, il danno è divenuto concreto ed attuale solo con
l’erogazione del compenso al custode giudiziale che in buona fede ha curato la
conservazione del bene sottoposto a sequestro in attesa del provvedimento di
alienazione dello stesso anche sottoforma di rottamazione, per cui nessuna
prescrizione può dirsi maturata.
Passando alla trattazione di merito, osserva il
Collegio che la normativa all’epoca vigente disciplinante la restituzione dei
beni sequestrati era contenuta nell’articolo 84 disp.att.c.p.p. secondo il
quale la restituzione delle cose sequestrate era disposta dall’Autorità giudiziaria,
previo pagamento delle spese di custodia
“ salvo che sia pronunciato provvedimento di archiviazione………ecc.”
Nel caso di specie, trattandosi di dissequestro di
bene disposto a seguito del provvedimento di archiviazione, nessun compenso
sarebbe spettato al custode da parte dell’avente diritto alla restituzione.
Disponeva, però, l’ultimo comma della citata
disposizione che le spese di custodia sono in ogni caso dovute dall’avente
diritto alla restituzione per il periodo successivo al trentesimo giorno
decorrente dalla data in cui il medesimo ha ricevuto la comunicazione del
provvedimento di restituzione.
Da tale norma si deduce che il provvedimento di
restituzione doveva essere immediatamente notificato all’avente diritto che
disponeva quindi di trenta giorni per effettuare il recupero del bene,
altrimenti per il periodo successivo le spese di custodia venivano a gravare
sul proprietario inerte.
Nella fattispecie in esame è risultato, invece, che
il provvedimento di restituzione del bene non è stato mai notificato all’avente
diritto e ciò a prescindere da comunicazioni effettuate per il tramite di altri
soggetti che hanno riferito di aver contattato l’avente diritto e di aver
appreso del suo disinteresse al recupero del bene.
La norma prescrive che il provvedimento di
restituzione del bene dissequestrato debba essere oggetto di apposita
comunicazione sia per consentire il recupero dello stesso da parte dell’avente
causa sia per evitare l’onere delle spese di custodia che, come nel caso in
esame, sono poi rimaste a carico dell’erario.
L’esortazione a non trascurare un tale adempimento
era, peraltro, contenuta nella circolare della Direzione generale degli affari
civili e delle libere professioni del 15 gennaio 1998 nel quale si raccomandava
di eseguire tale adempimento per evitare il danno erariale conseguente alla
protrazione onerosa del bene dissequestrato e, a tal fine, veniva previsto un
periodico controllo dei registri dei corpi di reato pendenti proprio al fine di
far cessare eventuali situazioni di dissequestri dei beni da restituire che,
per non essere stati notificati ai destinatari aventi diritto, determinavano la
legittima pretesa al compenso del custode, con onere sulle casse della pubblica
amministrazione.
Alla luce delle suindicate disposizioni, appare
evidente che la condotta della convenuta è risultata essere carente della
prescritta attività di notifica del provvedimento di restituzione all’avente
diritto, attività che era di sua esclusiva competenza.
Compete, infatti, al cancelliere di presentare gli
atti al magistrato nel momento in cui la notifica del provvedimento di
restituzione del bene non è andato a buon fine o perché il destinatario è
ignoto, o è irreperibile o perché lo stesso ha dichiarato di non avere
interesse al recupero affinchè quest’ultimo possa ordinare la vendita delle
cose sequestrate anche mediante assegnazione delle medesime al custode.
Nella specie, invece, la Cingolani si limitava, con
la nota del 6 ottobre 1997, a trasmettere copia del decreto di archiviazione,
per la restituzione del bene dissequestrato all’avente diritto, alla Polstrada
di Civita Castellana la quale forniva all’A.G., con la nota di risposta del 10 ottobre 1997, solo alcuni elementi
informativi circa le generalità dell’avente diritto alla restituzione del bene
e la necessità di disporre lo spostamento del mezzo presso altro custode, in
considerazione della cessazione di attività del primo depositario,
trasferimento che veniva autorizzato dal magistrato procedente.
La nota della Polstrada, alla quale il cancelliere
aveva affidato il provvedimento del Giudice, non conteneva alcuna relata di
notifica del provvedimento di archiviazione e restituzione del bene all’avente
diritto, ma soltanto una generica comunicazione di elementi di per sé non
idonea ad integrare una avvenuta attività di notifica.
Pertanto, nessuna attività conseguente di
assegnazione del bene al custode mediante rottamazione avrebbe potuto essere
posta in essere dal magistrato procedente, in assenza della relata di notifica
del provvedimento.
Tant’è vero che quando, invece, nel 2004 il
cancelliere Cingolani, ebbe a chiedere al magistrato l’assegnazione al custode
del bene tramite rottamazione, fece precedere – così si legge nella missiva del
25 febbraio 2004 – la richiesta dalla frase “
che il titolare della società intestataria del mezzo, nonostante
l’invito ricevuto, non ha provveduto al ritiro, “ il che faceva presumere che
tale provvedimento di restituzione fosse stato realmente notificato all’avente
diritto che non aveva provveduto nei termini al suo ritiro, dimostrando
chiaramente il totale disinteresse al recupero del medesimo.
Soltanto allora il magistrato potè dare le
disposizioni sull’assegnazione del bene al custode, facendo cessare la custodia
onerosa.
Resta, quindi, confermata la responsabilità per
colpa grave della Cingolani che, per aver omesso l’immediata notifica del
provvedimento di restituzione, ha determinato il protrarsi ingiustificato ed
oneroso della custodia, determinando l’evento dannoso generato dalle richieste dei
compensi avanzati dal custode nei confronti dell’Amministrazione della
Giustizia.
La piena responsabilità del cancelliere preposto fin
dal 1997 alla cancelleria del GIP e confermato in tali funzioni negli ordini di
servizio che si sono susseguiti fino a quello del 2000 ove esplicitamente si
riconosceva alla Cingolani la responsabilità di tutte le attività precedenti e
successive alle udienze del magistrato procedente dott. Venturini, non lascia
intravedere responsabilità correlate in via diretta di altri soggetti nella
produzione del danno, stante l’esclusiva competenza del cancelliere
all’esecuzione dell’attività di notifica del provvedimento giudiziale.
Nelle disposizioni di servizio allegate al fascicolo
processuale emergono, però, responsabilità a titolo di colpa grave per omessa
vigilanza da parte di coloro che, negli anni dal 1997 al 2004, furono preposti
al Servizio corpi di reato che, sulla base delle disposizioni prima ricordate,
avrebbero avuto l’onere di monitorare i corpi di reato pendenti allo scopo di
verificare le iscrizioni nel registro, dando le opportune direttive per la
sollecita emanazione o esecuzione dei provvedimenti di destinazione dei beni in
sequestro.
Tale funzione di preposizione al Servizio corpi di
reato risulta intestata alla Cingolani soltanto a decorrere dal settembre 2003
in via provvisoria e con turnazione, e non dal 1999 come affermato da parte
attrice, per cui si può affermare che la condotta dannosa si è protratta anche
a causa della mancata attività di doverosa vigilanza di altri soggetti preposti
a quel servizio negli anni in considerazione e che non sono stati citati dalla
Procura attrice.
Appare equo, pertanto, procedere ad una riduzione
della posta dannosa da imputare alla Cingolani, la quale viene determinata dal
Collegio nella minor somma di €. 5.000,00, comprensiva di rivalutazione
monetaria, proprio per tener conto di questa omessa attività di vigilanza che,
se correttamente eseguita, avrebbe quantomeno comportato una riduzione
temporale della condotta dannosa e quindi del danno verificato.
Sulla somma dovuta in
esecuzione della presente condanna devono essere corrisposti gli interessi
legali dal momento del deposito della pronuncia e fino all’effettivo soddisfo.
Le spese di giudizio
seguono la soccombenza.
PQM
La Sezione
giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando, condanna la
signora Cingolani Rita al pagamento in favore del Ministero della Giustizia,
della somma di €. 5.000,00 comprensiva di rivalutazione monetaria, con
interessi legali come in motivazione.
Le spese di giudizio a
favore dell’erario seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo di €
349,17 (trecentoquarantanove/17).
Così deciso in Roma nella
camera di consiglio del 22 ottobre 2009.
L’estensore Il Presidente
F.to Cons. Stefano PERRI F.to Pres.Sez.
Mario RISTUCCIA
Depositata in segreteria
il 13/01/2010
P. IL
DIRIGENTE
IL RESPONSABILE DEL SETTORE
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’
F.to Dott. Francesco MAFFEI