Come ricorda lo studioso Gianfranco Brusa (“L’industria pavese. Storia, economia, impatto ambientale”, pag. 340), alla fine dell’800 (anni ’80-‘90), anche per effetto del clima nuovo instauratosi a seguito dell’Unità d’Italia, si consolidò a Pavia un consistente insediamento industriale, oltre la cinta muraria, che vide anche importanti esempi di internazionalizzazione, come nel caso della Einstein-Garrone (1894).
Scrive il Brusa: “Fra i motivi che portarono tali investimenti dal centro Europa, o da altri ambiti geografici nazionali, alla nostra città e, in generale, che favorirono la nascita dell’industria pavese, vi furono senza dubbio ragioni di carattere economico […], ma anche stimoli extra-economici (di natura intellettuale, ideologica e culturale) […]. Negli anni ’60, infatti, intellettuali come Ausonio Franchi […] auspicarono, aderendo agli ideali massonici di allora, la nascita di società di mutuo soccorso, di istituti di credito e, soprattutto, di stabilimenti industriali, elaborando, altresì, un pensiero politico e socio-culturale in chiave progressista e democratica”.
Nel anni seguenti si è assistito alla progressiva deindustrializzazione della città di Pavia, lasciando il posto ad “aree dismesse”.
Lettera della Dionigi Ghisio e Figlio
Pavia, 21 febbraio 1929
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